Approfondimenti

La crisi dei negozi (specialmente in centro storico): cosa dice il rapporto nazionale di Confcommercio

La crisi del commercio nei centri storici non è una situazione cremonese ma nazionale. Confcommercio qualche mese fa aveva pubblicato un rapporto in cui identificava una perdita di circa 100000 negozi in tutta Italia in un decennio (leggi Crisi del commercio: dal 2012 -99000 attività in Italia, meno -126 a Cremona). Nel rapporto che potete leggere qui (https://www.confcommercio.it/documents/20126/3998115/Citta%CC%80+e+demografia+d%27impresa.pdf/c8dbf46b-11a2-c238-1cc1-6d0bd1b6f023?t=1677488236962) Confcommercio aveva anche elencato le sue motivazioni alla base di questo fenomeno, dopo aver analizzato i dati. Eccole sinteticamente:

1) Il commercio online in un decennio è aumentato del 103,2%

2) La densità di ipermercati e catene su grande superficie è aumentata dell'84% in un decennio

3) I consumi reali non hanno avuto un aumento tale da permettere una espansione dei negozi

Per inciso, la crisi non è uguale per tutti: alcune categorie merceologiche calano vistosamente (qui il crollo dell'abbigliamento Commercio al dettaglio: nel settore abbigliamento in un decennio perse il 21% delle attività in Italia, per fare un esempio al posto di uno Zara arriva un DM e al posto di un OVS arriva uno YI Store) mentre altre (bar e ristoranti) tengono bene e addirittura crescono

Questo è quanto sostiene Confcommercio sulla base di dati e di uno studio condotto con metodi scientifici.

Io faccio solo una considerazione (di carattere personale e senza avere la verità in tasca, posso tranquillamente avere torto): in un paese dove c'è libertà di mercato e non economia pianificata gli imprenditori decidono liberamente che tipo di attività aprire, anzi decide il mercato e il mercato si basa sulla domanda dei clienti.

In altre parole: non vi piacciono i centri commerciali e volete i negozi nei centri storici? Andate a fare spesa nei negozi dei centri storici (e viceversa se i vostri gusti sono differenti e preferite i centri commerciali: bisogna avere rispetto di tutti i lavoratori, quelli dei centri storici e quelli dei centri commerciali, questo deve essere chiaro). Una postilla: un centro storico che "funziona" è anche un presidio del territorio e diventa un luogo vivente e costruttivo. Un centro storico di vetrine vuote e spente diventa facilmente ricettacolo di criminalità e degrado, questo deve essere ben chiaro.

I cambiamenti nel commercio non discendono dalla "luna" ma dalle scelte della comunità.

Alle autorità semmai si possono rimproverare le scelte in sede di pianificazione dello sviluppo del territorio: fare o non fare un parcheggio, destinare o meno un'area alle attività commerciali (permettendo di aprire o meno un supermercato), animare o meno il centro storico con iniziative (quindi certo che le autorità si possono criticare, ma per questi motivi appunto, non per la scelta delle singole attività che vanno ad aprire: un comune non può dire aprite un negozio di vestiti o di cibo, mentre può scegliere se destinare una zona appena fuori città al commercio o a un parco pubblico). Sono però i consumatori alla fine a "fare andare" o meno una attività con le loro abitudini: se la politica di gestione di un comune non piace i consumatori la faranno crollare con i loro comportamenti: se, per fare un esempio, nascono tanti centri commerciali e sono sempre affollati, la cittadinanza in pratica avalla la scelta.

Insomma, se i negozi del centro storico possono o devono avere un futuro dipende prima di tutto dalle scelte dei cremonesi (e, per fare un esempio, gli acquisti online sono in forte crescita, vedi sopra: è una scelta e ha le sue conseguenze)

La Quinta T è una iniziativa editoriale di
Alexandro Deblis Everet Editore
Via Solferino, 4 - Cremona
Direttore Responsabile: Simone Manini
Registrazione al Tribunale di Cremona
n°616/2019 del 26 marzo 2019
Provider: Serverplan
Partita IVA: 01653460194

Consulta la Privacy Policy