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Non credo sia mai successo in precedenza: uno storico che non diventa solo famoso (questo è normale se sei bravo) ma che diventa un personaggio, una star del web (e senza avere canali suoi: i video delle sue conferenze sono caricati da altri e inizialmente lo facevano a sua insaputa, ora è al corrente). Alessandro Barbero è una storia diversa, una storia anomala: lo amano persone di tutte le età, i suoi video fanno tendenza, esistono gruppi social e meme che lo esaltano. Una rockstar, vera e propria, che viene fermata per strada. Basta il suo nome per riempire i teatri e il Ponchielli non è stato da meno per lo spettacolo di lunedì sera, "Dante e la guerra".

Vi chiederete: ma come mai, come può piacere tanto? Semplice, tre elementi che hanno creato la formula chimica perfetta. Eccoli: 1) E' uno storico serio e rigoroso, propone contenuti affidabili frutto della ricerca (e non è un caso che citi continuamente le fonti durante i suoi spettacoli: ascoltare la "voce" diretta dei protagonisti della storia è emozionante, trasforma la storia in una "rappresentazione teatrale", ma allo stesso tempo certifica la veridicità di quanto raccontato) 2) Ha ritmo, è un oratore consumato, sa quando parlare, quando fermarsi per una breve pausa, ha una voce che scandisce bene le parole, chiara e con la giusta intonazione 3) Ha venature da "stand up comedy": sa piazzare battute fulminanti che riescono ad alleggerire la pesantezza di un tema, fanno divertire (risate vere) ma contemporaneamente permettono in modo incisivo di evidenziare aspetti della narrazione e magari di confrontare "i tempi andati" con quelli moderni (esempio di una delle sue battute più famose, tratta da una vecchia conferenza, che rende bene l'idea: quando Cavour da ministro insidiava il primo ministro Massimo D'Azeglio gli disse di stare tranquillo e che non aveva l'ambizione di sostituirlo, dopo averlo spiegato Barbero aggiunse "Massimo stai sereno", in una battuta ha fatto capire una situazione con un riferimento alla contemporaneità più che in mille altre parole).

Tutto ciò fa di Barbero un personaggio e il pubblico ormai si è affezionato (e anche se lui si schernisce in realtà ama la popolarità, alla fine ha fatto in modo di prolungare il meritato applauso del Ponchielli con trucchi da volpi del palcoscenico) e proprio per questo le aspettative sono alte eppure anche al Ponchielli Barbero è riuscito a farsi apprezzare: sai già di cosa parlerà, sai quale è il suo stile ma riesce comunque a sorprenderti.

Lo spettacolo ha catturato l'attenzione dei presenti con un excursus sulla vita militare di Dante: si è partiti dalla sua rappresentazione nell'immaginario collettivo per poi tratteggiare il suo ruolo sociale, la sua educazione e poi entrare nel merito delle battaglie che ha combattuto, perché Dante è stato un cavaliere. Come sempre Barbero sa dare spessore psicologico ai suoi personaggi, sa partire dall'episodio di una vita singola per tratteggiare usi e costumi di un'epoca e fartene cogliere l'atmosfera generale. Parli di Dante e dei suoi cavalli e capisci meglio la società del suo tempo, ci vuole maestria per trasmettere i concetti in questo modo. Immancabili le battute, raccontate sempre con la tempistica giusta (non le scriviamo perché vogliamo che andiate a teatro per sentirle, per questo ne abbiamo raccontata una vecchia qualche riga sopra!). 

Insomma, le pagelle le deve fare Barbero (che ricordiamolo è professore universitario, storico, romanziere vincitore del premio Strega) e non noi ma non possiamo che promuoverlo a pieni voti: sta facendo una cosa importantissima e cioè dimostrare che la cultura (in questo caso la storia) è "figa" (scusate il termine gergale ma esprime bene il concetto), non una cosa grigia e noiosa.