Storia cremonese

1848: i martiri cremonesi di Sclemo morti per l'indipendenza italiana

Nel 1848 tutta Europa è percorsa da una febbre rivoluzionaria. Cremona non è esente. Come tante altre città del Nord, si ribella agli austriaci (si desidera la nascita di una Italia indipendente) e nel marzo riesce a far sloggiare i soldati occupanti. Viene costituito un governo provvisorio, poi arrivano in città le forze del regno di Sardegna e Carlo Alberto. I cremonesi vengono inquadrati nella nuova struttura militare che si oppone agli asburgici. Sono 150 i volontari, messi al servizio del maggiore Gaetano Tibaldi, anziano esperto militare, avvocato, mazziniano. Partecipano ai combattimenti nei "corpi franchi", corpi di volontari che rimangono esterni all'inquadramento nell'esercito, poco addestrati e poco stimati, poco considerati anche dagli asburgici che non li ritengono veri soldati ma ribelli. I cremonesi partecipano alle operazioni militari in Trentino: si cerca di interrompere il flusso di rifornimenti per le truppe austriache nel nord. Fra il 19 e il 20 aprile 1848 la colonna cremonese si trova nel paesino di Sclemo, vicino a Stenico. Subisce l'urto di un attacco preponderante di forze ungheresi e viene travolta. Cadono diversi soldati, i cremonesi vengono uccisi per lo più a colpi di baionetta: le fonti divergono, secondo le più attendibili i caduti dovrebbero essere nove. I loro nomi: Achille Digiuni, Domenico Ferrari, Berengario Gabbioneta (ferito e già morente prima dell'attacco), Annibale Gabbioneta (fratello di Berengario), Vincenzo Poglia, Anacleto Merli, Ferdinando Pizzola, Luigi Tarenzi, Cesare Verdelli. Oggi esiste una via fra Viale Trento e Trieste e via Dante per ricordarli.

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