
Voglia di Arte
Il dolore fisico che si fa dipinto ne “La Bambina malata” di Edvard Munch
- Sab 14 Mar 2020
Il grande pittore norvegese Edvard Munch ebbe una vita molto travagliata. Nato in una famiglia povera perse presto la madre e una amatissima sorella, entrambe uccise dalla tubercolosi.
La “bambina malata” è un olio su tela dedicato proprio alla sorella e anche alla madre. È un’opera impressionante per il livello di dolore che descrive. È come se la immane sofferenza fisica e spirituale di Munch si fosse trasmessa al quadro: il disegno sembra quasi disgregarsi, i colori sono spenti e anche il volto della ragazza appoggiato sul cuscino pur illuminato lo è in modo spettrale, con una luce che trasmette freddezza, distacco, fine.
La madre (perché secondo noi Munch vuole rappresentare la madre nella donna posta a fianco della bambina malata) che le stringe la mano è talmente piegata dal dolore da non riuscire a guardarla, prostrata da un destino che la annichilisce. La stessa ragazza non sembra guardare la donna ma verso l’infinito, ormai assente. La stretta di mano è messa al centro del quadro: la dinamica dei corpi dà l’idea di una stretta composta, quasi senza forza, fra persone spossate, ma è al centro perché il legame indissolubile fra le due resta l’unica consolazione di fronte all’oblio.
Per noi Munch non ha voluto rappresentare un momento reale ma il suo dolore per la perdita delle persone amate, un dolore insuperabile la cui unica mitigazione è l’amore indissolubile della famiglia, momenti ormai perduti che pur facendo soffrire il pittore sono la sua unica consolazione. Spesso si parla del celebre “urlo” di Munch ma l’urlo di dolore che emana da questo dipinto è per noi l’urlo di un cuore spezzato e disperato. Non possiamo consolarlo, ma possiamo apprezzarne l’umanità e una capacità potente di rendere il dolore: è un quadro che ti spezza e chi ha attraversato il dolore sa quanto sia così anche nella realtà.