Voglia di Arte

Il mito di Niobe: il dolore di una madre che penetra le carni e spezza l'anima

Niobe era la mitica figlia di Tantalo, moglie di Anfione, re di Tebe. Aveva 14 figli, racconta il mito, e da donna di sangue nobile era orgogliosa e fiera, al punto di sconfinare nell’arroganza: ebbe l’ardire di dichiararsi superiore a Latona, una dea, perché aveva solamente due figli, Apollo e Artemide. Non si punzecchia una dea impunemente! Apollo e Artemide furono inviati a punirla e fecero strage dei suoi figli. Niobe, distrutta, a tal misura da trasformarsi in statua di marmo, ma non smise di piangere e dalle sue lacrime la leggenda vuole sia nata una fonte.

1583

Una assolata vigna romana, uno dei tanti pezzi di marmo che spuntano dal terreno misterioso della Roma che fu. Qualcuno decide di estrarre quelle che si rivelarono essere una serie di statue di epoca romana.

GIORNI NOSTRI

Agli Uffizi di Firenze la sala della Niobe mostra quelle statue, proprio quelle riemerse nel 1583, che raccontano ai moderni un mito antico. La Niobe, voglio concentrarmi sulla protagonista della storia. La vediamo ritratta mentre con una mano cerca di proteggere una delle figlie più piccole. La ragazzina è di spalle, indoviniamo che si tratta probabilmente di una ragazza dai lunghi capelli che spuntano sotto la mano della madre. Si aggrappa con tutte le sue forze, i suoi muscoli sono tesi nello sforzo, nasconde il viso nel grembo della madre per non guardare negli occhi la morte.

La madre è in una posa dinamica, si torce, un po’ per nascondersi e difendersi e un po’ per il dolore che entra dritto nelle carni e le lacera, come lacera la sua anima.

Il suo volto, il suo volto….la solidità del marmo tradisce la debolezza delle emozioni, nella testa leggermente inclinata all’insù, nelle labbra che trattengono la voglia di urlare, nella smorfia di sofferenza, c’è la tensione di una madre che vorrebbe fare qualsiasi cosa ma non può fare nulla. Può solo implorare pietà…

Il gioco dei movimenti di madre e figlia ci mettono sotto gli occhi una tragedia leggendaria e antica: la possiamo vedere con i nostri occhi, ogni volta che visitiamo gli Uffizi

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