Voglia di Cinema

"Salvate il soldato Ryan": perché la scena iniziale dello sbarco ci colpisce così a fondo?

La scena iniziale di “Salvate il soldato Ryan” è una delle sequenze più famose della storia del cinema. La decina di minuti scarsi in cui Spielberg rappresenta la prima ondata di sbarchi sulle spiagge della Normandia ha colpito tutto il mondo: prima del 1998 nessuno aveva mai visto la guerra in quel modo. Molti veterani che assistettero alla visione abbandonarono il cinema, sconvolti dai ricordi riaffioranti. Un anziano doppiatore della versione tedesca, veterano della battaglia di Normandia (ovviamente dalla parte dell’esercito della Germania), dovette lasciare il set perché non reggeva l’emozione.

Come mai? Che cosa ci colpisce così profondamente in quello che resta semplicemente l'inizio di un film? In che modo Spielberg ha ottenuto questo effetto e perché? La risposta immediata è: realismo. Si vede la guerra per quello che è, con la sua crudeltà e la sua atrocità, il sangue e la morte. Giusto, ma in fondo tanti film, anche precedenti, hanno mostrato nel tempo sangue, morte, crudeltà. Eppure l’effetto non era lo stesso, non colpiva così in profondità.

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Spielberg aveva dichiarato che voleva onorare i combattenti. Riteneva che la vittoria nella Guerra Mondiale sia stata determinante per tutti noi (ci sembra di poter dire che aveva ragione senza ombra di dubbio su questo punto). Voleva onorare i veterani che hanno combattuto, sono morti e hanno sofferto per vincere. Voleva quindi far capire che cosa hanno passato, cosa hanno affrontato.

Per farlo ha sicuramente usato in modo magistrale il realismo, ma secondo noi la carta vincente, davvero vincente, è un’altra. Tutti possono mostrare morte, ferimenti, scene terribili. “Full metal Jacket”, straordinario capolavoro, mostra scene che sono un pugno nello stomaco. Eppure, fa un effetto diverso, per quanto sia un grandissimo, favoloso film in grado di far riflettere. Questo perché Kubrick racconta, ci mostra una storia, raccontata in modo magistrale, di cui siamo spettatori.

La carta vincente di Spielberg in quella prima, eccezionale sequenza, è invece farci diventare protagonisti. Chi vede il film non è uno spettatore: viene coinvolto, vive in prima persona il trauma, sbarca insieme ai soldati.

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Le scene sono volutamente frammentarie, confuse, il rumore della battaglia è assordante (sembra un documentario: suoni non da studio ma reali, telecamera che sbalza come se fosse l'occhio di una persona "sballottata" dagli eventi): sono le sensazioni che proveremmo a essere lì. I soldati, anche questa una novità, vengono mostrati mentre vomitano, pregano, se la fanno addosso prima che il portellone di sbarco si apra: sensazioni che chiunque di noi potrebbe provare in una situazione del genere. Il capitano che dirige la truppa è un uomo intelligente e si scoprirà sensibile e colto nell’arco del film. Sa cosa deve fare e dà ordini, eppure lo vediamo tremante, confuso, attonito: è un soldato e sa fare bene il suo lavoro ma è un uomo e lo “spettacolo” cui assiste lo tramortisce, lo ammutolisce.

Una scena mostra un soldato che perde un braccio in una esplosione: rimane lì, esposto al fuoco nemico, incredulo e senza sapere cosa fare, poi cerca e trova il braccio e lo prende in mano, come se potesse servirgli a qualcosa. Questa sequenza è la sublimazione: la guerra, lo sbarco....una esperienza così sconvolgente da farti perdere il senso della realtà. Altri soldati prendono fuoco, altri annegano, il mare è rosso di sangue...

La telecamera, sapientemente, ci mostra tutte queste scene dal punto di vista del capitano Miller: vediamo coi suoi occhi, siamo lì con lui, tramortiti e senza parole (quanti di voi vedendo per la prima volta il film hanno trovato parole per commentare a caldo la prima sequenza?).

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I veterani sono uomini che la guerra l’hanno vissuta davvero e non al cinema, ma non hanno retto perché si sono ritrovati proiettati su quella spiaggia. Erano lì, di nuovo.

La carta vincente non è il realismo (che pure è importante) ma il gioco di ruolo: in quei 10’ non siamo spettatori ma protagonisti. Quello che vediamo, come protagonisti, quello che sentiamo, quello che percepiamo ci lascia senza parole, come successe a chi quel giorno sbarcò davvero, perché ci sentiamo lì con loro...

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