
Voglia di Cinema
Il finale de "Il pianeta delle scimmie": il momento storico in cui per la prima volta i cattivi eravamo noi...
- Mar 18 Ago 2020
La storia della fantascienza al cinema ha sempre avuto un punto fermo rispettato quasi sempre anche oggi: gli esseri umani sono buoni. Certo, ci sono eccezioni, qualcuno può comportarsi male, a volte intere nazioni, ma in tutti i film i buoni siamo noi. Dalla Guerra dei Mondi a Indipendence Day, da Star Trek a Star Wars, da L’invasione degli ultracorpi a Matrix c’è sempre una componente umana di buoni, un gruppo di uomini più o meno vasto in cui identificarsi. Lo spettatore infatti ha bisogno di immedesimarsi, di sentirsi partecipe, di fare il tifo, di dire quello potrei essere io.
Il Pianeta delle Scimmie già nel lontano 1968 rompe questo schema: lo spiazzante finale, la scena del tutto un’attesa, manda in frantumi le certezze e lo fa perché uccide la speranza.
Per tutto il film c’è una linea amara di valutazione degli uomini portata avanti da Heston, nei panni del protagonista Taylor. Noi però possiamo identificarci nei sui valori e nel suo sarcasmo e le ingiustizie commesse dalla società delle scimmie nei suoi confronti sembrano spostare l’asse del giudizio lontano dagli uomini.
La scena finale però suona come una condanna: tutto ciò che c’è di male e di sbagliato, nasce dal genere umano. Non c’è speranza di redenzione, l’uomo non impara dai suoi errori, si autocondanna a un destino di distruzione. Non a caso Heston dice “siano maledetti, tutti, per l’eternità”.
E’ un pugno nello stomaco tirato senza preavviso allo spettatore, abituato alla consolazione hollywoodiana dei buoni sentimenti: improvvisamente gli viene negata la speranza di poter credere in qualcosa...