Voglia di Cinema

"Edward mani di forbice": una fiaba poetica sull'amore più forte di ogni distanza

Attenzione: spoiler! (il film è vecchio ma magari qualcuno non l'ha mai visto).

Tim Burton è uno dei registi più originali degli ultimi decenni. I suoi film hanno sempre una vena stralunata, originale, per certi versi infantile. “Edward mani di forbice” è stato uno dei suoi primi grandi successi e anche il film di lancio di uno straordinario Johnny Depp (che aveva già recitato qualche volta ma è diventato una star con questa pellicola), protagonista del film insieme a Wynona Rider, sua compagna anche nella vita in quel momento.

La fiaba gotica voluta da Burton nasce dalla sua vita: l’ambientazione ricorda infatti quella del paesino dove era cresciuto. Il protagonista, Edward, è una sorta di creatura artificiale creata da uno scienziato originale e un po' sognatore. Purtroppo lo scienziato muore prima di poterlo completare e infatti ha delle forbici al posto delle mani (era stato creato pezzo dopo pezzo e appunto lo scienziato non fa in tempo a dargli le mani reali che stava preparando). Lo scienziato fra l'altro è interpretato da Vincent Price, idolo di Tim Burton e voluto a tutti i costi nel film).

Edward rappresenta la trasposizione cinematografica dello stesso Tim (che ovviamente aveva le mani ma era un ragazzino taciturno, introverso, delicato ma creativo e incompreso come Edward). Edward rappresenta infatti la purezza d’animo e l’innocenza e si scontra con tutte le bassezze della società che lo porteranno quasi all'autodistruzione. L’unica salvezza, l’unica vera luce in tutto questo mondo squallido è l’amore che nutre per Kim, unica persona capace di provare sentimenti veri nella cittadina.

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Edward non è in grado di esprimere il proprio amore in modo compiuto e allora usa l’arte (come Tim Burton usa il cinema) per esprimersi. Il film finisce con la punizione dei cattivi ma Edward e Kim non possono restare insieme per volere del destino e Edward passerà la vita da solo. Costretto a rinunciare alla compagnia dell'amata, Edward usa l’arte per mantenerne vivo il ricordo. Kim, a sua volta, non lo dimenticherà mai pur continuando la propria vità nella comunità umana.

Il film è dolce e poetico, ha i toni della fiaba nera con momenti anche di humour. E’ però una metafora di tante altre cose: dell’arte e degli artisti, spesso incompresi dalla società e costretti a usare l’arte per esprimersi, per esempio.

Soprattutto è una metafora dell’amore e della incomunicabilità. Quante volte non si riesce a comunicare davvero, a esprimere quello che si ha dentro con chi si ama. Edward è molto umano in questo. L’arte gli permette di manifestare quello che ha dentro e che altrimenti non riuscirebbe a portare alla luce.

La scelta di non far coronare la storia di Edward e Kim col classico “vissero insieme felici e contenti” è ancora più una scelta d'amore. Kim capisce che Edward è troppo puro e delicato per vivere nella società umana, con le sue bassezze e ipocrisie. Non vuole che Edward cambi, a costo di non vederlo più.

Edward in realtà è sempre con lei: la statua di ghiaccio che cesella in continuazione ripropone la purezza e l’innocenza di Kim. Lei invecchierà ma quell’attimo, quel momento in cui Edward si è innamorato di lei non invecchierà mai e sarà riproposto giorno dopo giorno nella statua. Non è necessario essere insieme ogni giorno per amarsi, è necessario mettere in comunicazione le proprie anime: l’arte permette questo miracolo a Edward e Kim.

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