Voglia di Cinema

L’amara poesia neorealista di “Una tomba per le lucciole”: un pugno nello stomaco dello spettatore

ATTENZIONE Spoiler (e molto anche) se non avete mai visto il film!

“Una tomba per le lucciole” è un film d’animazione giappponese del 1988, opera di Isao Takahata, dello studio Ghibli, il mitico studio Ghibli. E’ un film d’animazione. Quando un europeo legge “film d’animazione” pensa a Walt Disney e alle sue storie consolatorie o magari ai cartoni giapponesi di supereroi e di personaggi da fumetto.

Vedere “Una tomba per le lucciole” invece può essere sconvolgente per chi non è preparato. E’ un film molto diverso, un film che ti colpisce, un film che ti entra dentro. E’ al tempo stesso un pugno nello stomaco, fortissimo, è una testimonianza di un’epoca (si basa su una storia reale), è una forma d’arte allo stato puro (per me all’altezza dei migliori esempi della scuola neorealista, di cui ricalca lo stile), è una poesia struggente che ti porta fino alla lacrime.

Soprattutto, è un film che fa male: ti fa provare dolore, dolore fisico.

E’ la storia di due fratellini che durante gli ultimi giorni della seconda guerra mondiale assistono allo sgretolamento del Giappone, la loro patria, sconfitto e in rovina, ma soprattutto assistono alla fine della loro famiglia vivendo la perdita dei propri genitori. Per tutto il film Seita, il protagonista, un ragazzino ancora troppo giovane per fare l’adulto, prova a proteggere Setsuko, sua sorella, una bimba ancora troppo piccola per capire.

La storia, cruda, triste, spietata, è raccontata senza zuccherare nulla. La morte, la sofferenza, la fame, annichiliscono i protagonisti fino a renderli indifferenti. Non c’è alterazione della realtà: Isao vuole mostrare il lato peggiore della guerra e lo fa senza sconti. Mostrare la sofferenza, insistere nei dettagli, dolorosi, disgustosi, è il suo modo di rendere omaggio alle vittime (raccontando la loro storia per quella che è stata nella realtà) e di protestare contro violenza, ingiustizia, mancanza di umanità, l’essenza di ogni guerra. La morte viene presentata dura, cruda, improvvisa: come è in realtà.

In fondo, altri film hanno trattato questi argomenti con crudezza. Una tomba per le lucciole ha però qualcosa in più. Nel suo non concedere sconti (sin dalla prima scena che ti porta subito in un contesto doloroso, nessun riscaldamento, si entra subito nel vortice vissuto dai protagonisti) il film sa essere lirico, poetico, commovente, pieno di tristezza ma anche di un amore tenero ed eterno.

Seita è un ragazzo troppo acerbo per potersi prendere la responsabilità di salvare sua sorella o anche solo se stesso in una situazione difficile come questa ma ci prova con tutte le forze. Il suo amore per la sorella è struggente, sincero, tenero. Il suo volerla proteggere con pietose bugie, la sua voglia di giocare con lei, ci fanno empatizzare con lui. Questo aumenta il dolore per la perdita della sorellina, che colpisce noi tanto quanto Seita.

Ci sono due scene che raggiungono vertici lirici altissimi, le due scene finali. Quando Setsuko è corrosa dalla fame e si avvicina alla fine, Seita prova fino in fondo a salvarla. La piccola ormai vaneggia ma lui prova a darle cibo, sperando che si riprenda. Una lunga e dettagliata scena ci mostra l’intimità fra i due, la sofferenza di Seita che vuole salvarla a tutti i costi e si sente impotente. Improvvisamente, dopo una scena molto lenta, veniamo informati della morte di Setsuko con una semplice frase: un colpo nello stomaco, senza nessun tentativo di attutirlo.
A questo punto Seita resta con lei, che sembra quasi dormire, incapace di staccarsi e di dirle addio. Alla fine decide di cremarla e nella cura con cui prepara la cesta in cui deporre il corpo, nella meticolosità con cui depone gli effetti personali della bimba nella cesta, si possono percepire amore, dolore, ma anche un principio di “allontanamento” dal mondo. E’ un dolore tanto forte da allontanarti dalla realtà grazie anche alla ritualità dei gesti, un tentativo di esorcizzare qualcosa che non puoi gestire. Quando la cesta finisce di bruciare le lucciole, simbolo dell’anima umana, meravigliose e leggiadre ma dalla vita brevissima, come la piccola Setsuko, si librano nel cielo.

Nell’ultima scena ormai Seita ha raggiunto Setsuko: sono morti entrambi. Seita come in un sogno rivede la sorella che gioca con le lucciole, la chiama a se, la abbraccia e la protegge, i due si addormentano insieme. L’inquadratura si allarga e spuntano i grattacieli della moderna metropoli come a dirci che questa scena si ripete ogni notte: i due fratelli sono uniti, nell’eternità, dal loro amore, mentre il mondo indifferente alla loro storia, allora come ora, va avanti...

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