Voglia di Cinema

Full Metal Jacket: il dualismo della nostra anima

“Io volevo soltanto fare riferimento alla dualità dell’essere umano signore, l’ambiguità dell’uomo una teoria Junghiana, signore”

Questa risposta di Joker a un suo superiore, che gli domanda perché porta la spilla della pace sulla divisa, contemporaneamente a un elmetto con la scritta "Nato per uccidere", è una delle chiavi fondamentali di FULL METAL JACKET

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Il talento visionario, perfezionista e scenografico di Kubrick ha fatto passare alla storia il film per le memorabili scene dell’addestramento, sicuramente le più famose.

In realtà, ha una chiave di lettura molto più filosofica. Joker è il nostro protagonista, il fulcro del film. Ha evitato la guerra, in un primo momento, studiando (si poteva rinviare il servizio militare) ma poi ci è andato, la svicola comunque in qualche maniera facendo il giornalista di guerra ma poi si fa mandare più o meno consapevolmente al fronte. Porta la spilla della pace e l’elmetto nato per uccidere, è amico di "palla di lardo" ma poi lo picchia come gli altri quando il gruppo vuole punirlo.

Il punto è che Joker non è buono e neppure cattivo: è umano, semplicemente, e gli esseri umani sono complessi, pieni di contraddizione.

Non siamo bianchi o neri, siamo grigi, pieni di sfumature, di complessità, di controversie interne.

Palla di lardo è a lungo una vittima ma poi diventa carnefice e uccide, toglie una vita: è buono o cattivo?

Il sergente Hartman è impressionante per durezza, ma come dice egli stesso senza quell’addestramento, in un posto come il Vietnam, i suoi uomini morirebbero tutti, sarebbero carne da cannone: è buono o cattivo?

Il cecchino verso la fine del film uccide gli amici di Joker ma alla fine si scopre che si tratta di una ragazzina molto giovane e lei stessa finisce uccisa: è buona o cattiva? 

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Il punto è questo: Kubrick non giudica, certifica la nostra natura duale, la complessità dell’uomo

Joker alla fine vendica i suoi amici ma lo fa uccidendo una ragazzina che in fondo difende la sua terra, il suo popolo.

Questo evento lo fa maturare definitivamente: si rende conto che «... certo, vivo in un mondo di merda, questo sì. Ma sono vivo... e non ho più paura.»

L’ultima scena è emblematica: un gruppo di soldati cammina nell’inferno della guerra cantando una canzone di Topolino. Quale modo migliore di rendere la contraddizione devastante che lacera l’uomo (ma che alla fine Joker accetta come stato di natura), diviso fra slanci di purezza e gli abissi della guerra?

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