
Voglia di Cinema
L'orologio di Butch e il valore del tempo in Pulp Fiction
- Mar 26 Lug 2022
Pulp Fiction, scena "Butch e l'orologio di papà"
Una stanza che si allunga, che ci sembra più grande di quella che è. Un bimbo che guarda i cartoni animati, una scena normalissima, in una stanza ordinata (e quest'ordine è più consono ad un adulto che a un bambino). La mamma entra nella stanza accompagnata da un militare e il bimbo si volta...La stanza ci sembra sempre più grande e allungata: la stiamo guardando con gli occhi del bambino, il regista ci fa calare nel suo personaggio, è un espediente per vivere la scena sentendoci lui, immedesimandoci in lui.
Da questo momento infatti vediamo il militare seduto di fronte a noi, molto vicino. Mostra un piccolo orologio d’oro, poi racconta una storia, dopo brevissimi convenevoli. Non si comporta come un adulto con un bambino, ma come un adulto con un giovane adulto: sa che Butch è cresciuto senza padre, è cresciuto prima del tempo, è già un piccolo adulto, non c'è bisogno di tanti giri di parole prima di entrare in tema.
La storia è rapida (4 minuti per raccontare generazioni), senza fronzoli e senza sconti. Il bisnonno ha comprato l’orologio e lo ha usato come portafortuna in guerra, il nonno e il padre l’hanno portato con se ma non è andata bene, sono morti in guerra. Alcuni commilitoni del nonno e del padre si sono dati da fare per riportare l’orologio ai figli, rischiando la vita. Il padre e il capitano che parla a Butch lo hanno tenuto nel retto per anni pur di consegnarlo a lui, un sacrificio inimmaginabile.
Quell’orologio è solo un piccolo pezzo di metallo, ma per Butch è la storia della sua famiglia, l’unica cosa che gli resta di un padre mai conosciuto. E’ anche la storia di un paese passato di guerra in guerra, di generazione in generazione. Quell’orologio è piccolo ma il suo significato è grande, ma quando Butch allunga la mano per prenderlo si sveglia di colpo: è il Butch adulto che sogna e che si rende conto che è come se non potesse toccarlo quell'orologio, un po’ come il padre che non ha potuto toccare. E’ una scena potente perché spoglia e lascia nudi: niente lacrime, niente aggettivi sprecati, bastano i singoli eventi per schiacciarci sotto un peso lancinante.
Quell’orologio però rappresenta anche altro, è uno dei temi del film, cioè il tempo. Tarantino dedica tutto il film al tempo: lo fa stilisticamente, non raccontando il film in modo cronologico, ma lo fa anche filosoficamente. Un secondo in più o in meno e Vincent Vega non salverebbe Mia Wallace, Butch non troverebbe Vincent proprio in bagno e non lo ucciderebbe, Marcellus non attraverserebbe la strada proprio in quel momento, Jules non sarebbe come dice alla fine del film in un momento particolare (per cui risparmia la vita ai due ladruncoli).
Il tempo è la variabile che incide sulla vita dei protagonisti, quell’orologio simboleggia l’importanza di ogni momento perché un evento accade un momento prima o un momento dopo e la nostra vita può cambiare radicalmente. Il tempo però non è solo questo. E’ anche la nostra storia, personale e di comunità: Butch ha una storia di famiglia accumulata nel tempo che gli insegna la presenza della violenza e della morte ma anche a battersi (e lui si batte, eccome se si batte). Quell’orologio misura il tempo che tiranneggia il nostro destino ma anche l’insieme delle azioni nostre e di chi ci ha preceduto che ci ha portato a essere quello che siamo. Butch non può rinunciarvi, è un pezzo della sua identità, infatti non ci rinuncia, a ogni costo, correndo ogni rischio.