Voglia di Letteratura

Addio alle armi: storia di una solitudine

Spoiler (ammesso che non abbiate mai letto questo classico, improbabile, ma era il mio caso fino a poco fa)

Ho appena finito di leggere “Addio alle armi”. So che è un classico, naturalmente, ma non lo avevo mai letto (e questa è ovviamente solo la prima lettura: è buona cosa leggere e rileggere i libri nel tempo).

I temi trattati sono diversi ma un tema mi ha colpito particolarmente: Frederic e la sua ricerca (e in questa sede parlo solo di questo tralasciando il resto).

Prima di leggerlo, pensavo infatti che si trattasse di un romanzo sulla guerra e sull’amore: sono temi ben presenti, certamente, anzi fondamentali.

Frederic però è alle prese con qualcosa di molto più profondo. Sta cercando un senso, un motivo, una comprensione del mondo. Qualcosa che lo faccia uscire da un senso di solitudine, inutilità, impotenza.

Lo cerca inizialmente nella guerra e nella sua narrazione eroica in cui inizialmente credem, ben presto scopre però che la guerra è dolore, fango, sangue. Soprattutto noia, tanta noia: non una noia da assenza di eventi, certo, ma una noia esistenziale, uno straniamento dalla realtà.

Per questo Frederic si stordisce: alcool, donne, cibo. Solletica i sensi per consolarsi e per risvegliare la piattezza della sua vita.

Conosce poi Cate, una ragazza di cui dichiaratamente non è innamorato (e questo particolare fa molto pensare...). Eppure inizia una relazione: non è amore, ma è bisogno di amore. E’ il tentativo di trovare un senso, di uscire dalla solitudine, di spezzare quel diaframma che lo divide sempre dal mondo: i suoi rapporti con le persone sono sempre condizionati da una sorta di incomunicabilità di fondo. Le persone entrano nella sua vita e svolgono una funzione in base al ruolo che hanno ma è difficile dirsi la verità, essere sinceri (in una certa misura ci riesce solo con l’amico Rinaldi, forse per il cameratismo che si sviluppa in guerra e che rende gli uomini più intimi).

Piano piano Cate passa sempre più tempo con lui, fra alterne vicende. Non la ama ma si affeziona a lei, si abitua a lei. Soprattutto rappresenta qualcosa: una promessa di vitalità in un mondo devastato dalla guerra, la possibilità di costruire qualcosa con un altro essere umano, di trovare un senso, di dare continuità alla propria vita con un figlio.

Il mondo di "Addio alle armi" è però un mondo triste, devastato, sconsolato. Un mondo tragico in cui il destino degli uomini si compie incurante delle loro speranze, quasi in modo casuale, come se nulla fosse. Lei resta incinta ma un parto in apparenza semplice determina la morte di madre e figlio. Quando Cate sta per morire, Frederic prega: non lo fa abitualmente ma si rende conto che lei è importante per lui, non tanto per la persona che è (non la ama e a tratti sembra quasi che la voglia assecondare, che sia perfino infastidito da lei nei dialoghi) ma per ciò che rappresenta cioè la vita, la speranza, l’amore, il calore degli altri.

Lei invece muore e lui si ritrova solo, senza una prospettiva, senza un senso. Hemingway ha valutato moltissimi finali poi ne ha scelto uno semplice, quasi sbrigativo, quasi anonimo: Frederic che si allontana nella pioggia. La pioggia, per tutto il libro, ha accompagnato i momenti tristi e lo fa anche ora: è la cornice di un destino solitario, non perché manchi la compagnia fisica degli altri, ma perché si è soli a tentare di soddisfare bisogni e cercare risposte che non arrivano mai, almeno non nella vita del protagonista.

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