Voglia di Letteratura
Spirito e carne: la Ballata degli impiccati di Francois Villon
- Mar 03 Gen 2023
Francois Villon era un uomo carnale: amava i piaceri della vita, anche quelli peccaminosi, non disdegnava la violenza e il crimine. Forse per questo, è proprio un uomo che ha conosciuto la carnalità in tutte le sue espressioni a invocare lo spirito ne “La ballata degli impiccati”, opera maestra di Francois. La tradizione vuole che Villon l’abbia composta in attesa di subire questa stessa sorte, essere impiccato. Sicuramente è un testo partecipato e vissuto in prima persona, in cui si sente la forza del sentimento di chi scrive. E’ una invocazione alla carità, alla fratellanza, alla sospensione del giudizio verso chi ha sbagliato ma ha già pagato con la vita. E’ anche una poesia carnale, ma di una carnalità in decomposizione: Villon entra nei dettagli del disfacimento dei corpi, descrive minuziosamente la rovina della carne. Quando la carne è sconfitta, non resta che lo spirito: “andiamo in cenere e polvere” ma “fratelli umani, che ancor vivi siete, non abbiate per noi gelido il cuore”
Eccola:
LA BALLATA DEGLI IMPICCATI
Fratelli umani, che ancor vivi siete,
non abbiate per noi gelido il cuore,
ché, se pietà di noi miseri avete,
Dio vi darà più largo il suo favore.
Appesi cinque, sei, qui ci vedete:
la nostra carne, già troppo ingrassata,
è ormai da tempo divorata e guasta;
noi, ossa, andiamo in cenere e polvere.
Nessun rida del male che ci devasta,
ma Dio pregate che ci voglia assolvere!
Se vi diciam fratelli, non dovete
averci a sdegno, pur se fummo uccisi
da giustizia. Ma tuttavia, sapete
che di buon senso molti sono privi.
Poiché siam morti, per noi ottenete
dal figlio della Vergine Celeste
che inaridita la grazia non resti,
e che ci salvi dall’orrenda folgore.
Morti siamo: nessuno ci molesti,
ma Dio pregate che ci voglia assolvere!
La pioggia ci ha lavati e risciacquati,
e il sole ormai ridotti neri e secchi;
piche e corvi gli occhi ci hanno scavati,
e barba e ciglia strappate coi becchi.
Noi pace non abbiamo un sol momento:
di qua, di là, come si muta, il vento
senza posa a piacer suo ci fa volgere,
più forati da uccelli che ditali.
A noi dunque non siate mai uguali;
ma Dio pregate che ci voglia assolvere!
O Gesù, che su tutti hai signoria,
fa’ che d’Inferno non siamo in balia,
che debito non sia con lui da solvere.
Uomini, qui non v’ha scherno o ironia,
ma Dio pregate che ci voglia assolvere!