Voglia di Letteratura

"La morte di Ivan Ilic" di Tolstoj: un uomo messo di fronte all'amara realtà

Che cosa è la nostra vita? Quale è il significato profondo della nostra esistenza? Ivan Ilic, il protagonista di questa storia, lo scopre solo quando la vita sta fuggendo da lui, quando ormai non ha più un futuro. 

Noi non conosciamo subito direttamente Ivan. Il primo contatto con il lettore è la notizia della sua morte e subito dopo scopriamo la reazione di colleghi, amici e membri della famiglia alla notizia. Reagiscono in modi diversi ma con due costanti: rispettare un rituale, comportandosi come la società si aspetta che si comportino in quella situazione, e percepire la morte come una realtà che riguarda Ivan Ilic ma non gli altri esseri umani. Lui muore, io no, sembra essere il loro atteggiamento superficiale.

Tutti si comportano come se volessero essere altrove o fare qualcosa di diverso, perché il loro dolore non è spontaneo ma codificato dalle relazioni sociali. Forma, non sostanza. Tutti si preoccupano delle conseguenze sulla propria vita di questo evento ma nessuno vuole capire davvero cosa è successo a Ivan e cosa Ivan ha provato, anche perché nel profondo vogliono esorcizzare una verità che tutti ben conosciamo: prima o poi capiterà a ognuno di noi, a me che scrivo e a te che leggi, nessuno sfuggirà

Tolstoj ci racconta questi pensieri e queste emozioni descrivendo volti, smorfie, atteggiamenti: il corpo mente, il corpo però rivela inconsciamente anche i pensieri più reconditi e nascosti e Lev lascia parlare i corpi. Sono loro i comunicatori delle emozioni.

Ecco poi entrare in scena, finalmente, il nostro Ivan: subito ci viene detto che la sua vita è stata semplice, comune e quindi orribile e banale. Ha infatti avuto una vita di successo: ha fatto carriera nel sistema giudiziario, si è sposato con una ragazza carina e ha avuto dei figli. Tutto questo però lo ha fatto perché la società lo imponeva. Ivan si è chiesto cosa la società volesse da lui e ha adempiuto i suoi doveri sociali ma senza porsi la domanda "cosa vuole veramente Ivan?".

Ha sempre rispettato i codici sociali: un uomo rispettoso delle leggi e di successo, chi non vorrebbe essere come lui, ma la sua vita è una finzione, un cerimoniale lungo una intera esistenza.

Un giorno succede qualcosa: un incidente domestico banale. Non sapremo mai cosa sia capitato esattamente, ma sappiamo quasi da subito che lo condurrà alla morte. Lev non descrive nel dettaglio perché non vuole descrivere: che importanza ha il come, in un modo o nell’altro tutti lasceremo questo mondo, il messaggio è che prima o poi toccherà a tutti.

Questo evento apre gli occhi a Ivan: per la prima volta si accorge delle ipocrisie sociali, soprattutto quando inizia il rituale di morte che tutti rispettano nel tentativo di esorcizzare le paure più orrende. Così, mentono i medici e mentono i componenti della sua famiglia, tutto ciò mentre la loro vita va avanti e lui è diventato solo un peso.

Ivan capisce le ipocrisie della sua vita e vorrebbe avere un contatto umano sincero ma non può trovarlo perché non li ha mai costruiti nel tempo quei rapporti sinceri e non si possono improvvisare. Trova quello che cerca solo nel servo Gerasim: un uomo semplice e umile ma proprio per questo non schiavo dei lacci sociali, delle cerimonie e del formalismo, un uomo che parla con serenità e sincerità, non negando a Ivan per esempio la realtà evidente che lui sta morendo, che tutti moriremo.

Nell’agonia degli ultimi giorni Ivan trova un altro conforto: di fronte a un dolore ormai non più celabile trova il sincero sconforto del figlio che in quanto adolescente non è ancora travolto dalle regole sociali, almeno non del tutto. Alla fine, perfino sua moglie prova un moto di sincera pietà nei suoi confronti. Proprio questi piccoli ma significativi atti di umanità permettono a Ivan di liberarsi dal sentimento di morte che lo aveva oppresso, appena prima di esalare l’ultimo respiro.

La morte di Ivan Ilic ci mette di fronte alle ipocrisie della società: quante volte non scegliamo ma subiamo le scelte, quante volte non ci chiediamo davvero cosa vogliamo e ci conformiamo a ciò che ci viene chiesto. La società ci mette di fronte al balletto delle ipocrisie a cominciare da quel grande rituale che è la morte, un modo per fuggire dalla realtà della fine inesorabile per tutti: regolamentarla è un modo per limitarla e mentirci ancora una volta pensando che tocchi sempre agli altri.

Il racconto della vita di Ivan ci lascia tante domande: cosa c’è dopo la vita? come possiamo affrontare la morte? i vincoli sociali sono ineludibili?

Di sicuro, Ivan insegna che l’unico conforto sono i momenti autentici di sincerità, amore e umanità: un modo per rendere meno insopportabile la nostra condizione di creature limitate e mortali.

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