
Voglia di storia
La "seggetta" di Luigi XIV: come il re espletava i suoi bisogni e il suo senso del pudore
- Lun 31 Lug 2023
Espletare i “bisogni” corporali è una esigenza ineliminabile dell’uomo e culturalmente il modo in cui si espletano ha il suo peso: le condizioni igieniche di un luogo sono strettamente legate al modo in cui si smaltiscono le feci. Alla corte di Versailles al tempo di Luigi XIV il re aveva un metodo preciso per gestire i propri bisogni personali. La nostra fonte è un libro conosciuto, “La vita quotidiana a Versailles nei secoli XVII e XVIII” di Jacques Levron. Il libro è molto dettagliato e tratteggia tutti gli aspetti della vita a Versailles negli anni ottanta del Seicento, al tempo di Luigi XIV. Un capitoletto ci racconta il rapporto del re con i suoi bisogni nel dettaglio. La regola era utilizzare una “chaise percée”, cioè una sedia…col buco. Oggi potrebbe sembrare una stranezza ma all’epoca era assolutamente normale.
Levron fa giustamente notare che il rapporto col pudore era diverso rispetto alla nostra epoca. Nel medioevo era abitudine diffusa andare nelle latrine insieme, anzi erano pensate per ospitare molte persone insieme con una serie di buchi per sedersi affiancati (oggi magari si urina in compagnia, abitudine solitamente maschile, nei bagni pubblici, con strutture adeguate collocate le une a fianco delle altre, ma qui si parla anche di defecare e almeno personalmente non ho mai incontrato un bagno pensato per “defecare in compagnia”).
La “seggetta”, come si chiama in italiano, era un mobile di lusso ricoperto di velluto ricamato è dotato di una vaschetta di maiolica per raccogliere il prodotto dei bisogni. Aveva anche un tavolinetto per leggere o scrivere e si trovava nella stanza in cui dormiva.
I gentiluomini favoriti avevano il “brevet d’affaires” cioè il diritto di entrare nella camera del re e parlargli anche quando era sulla seggetta: una conferma delle diverse abitudini (io, uomo del mio tempo, per educazione, non riuscirei ad accogliere un ospite in quei momenti: dipende appunto dalla cultura con cui si è cresciuti).