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Immaginate di essere nella Roma del sedicesimo secolo. Immaginate di recarvi nelle vie principali della città per assistere a una sfilata. Se siete di condizione umile, probabilmente nella vostra vita avete viaggiato ben poco, conoscete bene solo un piccolo spicchio di mondo.

Immaginate lo stupore di vedere, nel bel mezzo della sfilata, un elefante: un animale anomalo, di cui avete sentito solo qualche racconto più o meno leggendario. Un animale curioso e particolare, per giunta albino. Immaginate lo stupore, la meraviglia, la sorpresa.

Più o meno, questo è quello che hanno provato i romani nel sedicesimo secolo. In quel periodo, infatti, per qualche anno la città eterna fu la casa di un elefante, divenuto protagonista della vita cittadina.

In ogni storia però è sempre buona regola partire dall'inizio perciò cominciamo dal primo tassello del puzzle.

Nel 1513 il re Manuel del Portogallo (che sta costruendo il suo impero coloniale) invia alcuni doni a Papa Leone X (Giovanni de' Medici, figlio di Lorenzo il Magnifico), provenienti dalle colonie del suo regno, allo scopo di "fare colpo" (certe dinamiche si ripetono uguali nei secoli): i favori del Papa possono tornare molto utili, come si può ben immaginare.

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Fra questi doni figurano alcuni animali esotici e in particolare la perla della collezione: un elefante albino, pare proveniente dall'isola di Ceylon (oggi Sri Lanka). E' ammaestrato ed è una meraviglia della natura, non può non colpire (per inciso, anni dopo Manuel invierà anche un rinoceronte, evidentemente soddisfatto dei risultati ottenuti con l'elefante).

Papa Leone X, degno figlio del grande Lorenzo, ama lo sfarzo, l'arte, la bellezza. L'elefante lo colpisce subito, è intelligente, è giocoso, è bellissimo. Leone X stabilisce di farlo vivere in un cortile fra i suoi palazzi, accudito e curato.

Su questo possiamo riportare le parole che tempo dopo Paquale Malaspina dedicherà all'elefante e alla sua quasi mitologica presenza a Roma:

«Nel Belvedere prima del grande Pastore
Venne condotto l'addestrato elefante
che danzava con tanta grazia e tanto amore
che difficilmente un uomo avrebbe potuto ballare meglio»

L'elefante viene destinato al divertimento del Papa e alle processioni, per impressionare e divertire il popolo. Il suo mantenimento costa 100 ducati l'anno, non poco. Se ne occupa Giovanni Battista Branconio, uomo di fiducia del pontefice. Soprattutto se ne occupano due personaggi che ben conosciamo: Raffaello Sanzio e Pietro Aretino.

I due artisti, che orbitavano intorno alla corte di Papa Leone X, vengono infatti adibiti alla cura dell'elefante. Raffaello lo dipinge e lo riproduce, Aretino gli dedica uno scritto. La fama di Annone viene quindi eternata da artisti eterni.

Nel 1516 Annone si ammala (Roma non è comunque molto adatta a un elefante) e nonostante le cure amorevoli muore.

Nel 1962 la scoperta dei resti di un elefante sepolto sotto il Vaticano riporterà alla luce con forza la sua storia (il Papa, addolorato, aveva voluto seppellirlo sotto il Vaticano).

C'è chi lega ad Annone poi il privilegio concesso ai portoghesi residenti a Roma di essere esentati dal pagare nei locali pubblici (un dono del Papa, riconoscente): su questo punto precisiamo però che noi non abbiamo trovato prove, lo riportiamo come nota curiosa e come ipotesi ma non abbiamo alcuna certezza (però è divertente saperlo, fatta questa doverosa premessa).

FONTI Sulla materia la fonte principale è sicuramente lo storico Silvio Bedini che ha ricostruito nei dettagli la vicenda. Il suo testo "L'elefante del Papa" è la base, esistono però anche interviste e recensioni sulla sua opera in rete che danno dettagli sul lavoro di Bedini